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Un pianeta vaga libero e solitario nell'oscurità
dello spazio, non legato ad alcuna stella |
Gli antichi osservatori del cielo vedevano le stelle seguire tutte lo stesso percorso, notte dopo notte, come se fossero incastonate nella volta celeste. Oggi sappiamo che non è così ma fin quasi alla fine del XVI secolo si pensava che fossero fisse.
Alcune di quelle luci però non si comportavano in quel modo; il Sole e la Luna, per esempio, ma anche cinque luci minori. Gli antichi greci le chiamarono
planētēs, ossia "vagabondi" (nell'accezione di errabonde). Erano i cinque pianeti classici, gli unici visibili a occhio nudo: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.
Furono fatte varie congetture che giustificassero il loro vagabondare (teoria geocentrica, epicicli, ...) fino ad arrivare a Keplero e Newton, che spiegarono in modo definitivo il moto di questi corpi. I pianeti non possono vagabondare: il loro moto obbedisce a delle leggi ben precise.
Queste stesse leggi prevedono però che un pianeta, in seguito ad incontri ravvicinato con un altro corpo dall'orbita insolita, possa liberarsi dall'influsso della propria stella (si veda l'
articolo su Nibiru per un esempio), restituendo in un certo senso al proprio nome il significato originale.
Il seguente
articolo pubblicato dalla NASA parla di una ricerca giapponese-neozelandese che si è occupata di questi vagabondi del cielo...