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mercoledì 31 maggio 2017

Il paradosso del giorno del compleanno ovvero la fallacia logica del Post hoc ergo propter hoc

È il canto del gallo che fa sorgere il sole?
Entrate in una sala affollata. Che probabilità ci sono che due persone compiano gli anni lo stesso giorno? «Dipende dal numero di persone», direte voi. Avete perfettamente ragione. Allora vi domando: quante persone ci devono essere per avere almeno il 50% delle probabilità che due compiano gli anni lo stesso giorno?

D'impulso si è portati a pensare che ne servano moltissimi. In realtà il numero è incredibilmente basso: 23.

Con 35 persone le probabilità superano l'80%. Con 50 persone siamo addirittura al 97% e con 70 arriviamo al 99,9%. Com'è possibile?

È possibile perché l'intuito ci inganna...

giovedì 4 febbraio 2016

Il Principio di Improbabilità

Un caprone
Mi è capitato di recente di discutere di “caso” su un  newsgroup  con un caprone newage di quelli intrattabili e irrecuperabili. È convinto che il caso non esista. Dice che se qualcuno indovina, in media, una volta su sei il dado che avete lanciato, non lo farebbe per caso. Gli ho fatto notare che è il risultato che ci si aspetta normalmente da chiunque; che anche un computer che genera un numero random tra 1 e 6 ci azzecca altrettanto bene; e che anche chi risponde sempre “4” in media ci prende una volta su 6.

Il caprone però è irremovibile: il caso non esiste e l'individuo in questione dev'essere necessariamente dotato di qualche “facoltà sconosciuta” (magari legata alla sua visione cazzara della meccanica quantistica), altrimenti avrebbe sbagliato sempre. Che si possa indovinare un numero tra 1 e 6 tirando a casaccio è per lui inconcepibile e in effetti non arriva nemmeno a capire che sbagliare sempre sarebbe tanto strano quanto indovinare sempre. Pare incredibile, ma individui del genere esistono veramente, e pretendono pure di essere esperti di fenomeni paranormali. Ma non è di questo caso umano (il caprone, intendo) che voglio parlare.

Anche dalle discussioni inutili a volte scaturisce qualcosa di utile. Facendo ricerche sull'argomento mi è caduto infatti l'occhio su un libro intitolato “Il caso non esiste” (su Amazon potete leggerne un estratto e poi magari acquistarlo, personalmente ve lo consiglio). L'autore, David Hand, è un affermato docente universitario di statistica, uno studioso di prim'ordine a livello mondiale. Possibile che abbia scritto una simile enormità?

In effetti no, non è possibile (vedi, sotto, la legge della leva di probabilità). L'enormità è tutta merito dell'editore che voleva evidentemente un titolo ad effetto, anche se del tutto insensato. Quello originale è infatti “The Improbability Principle”, un'idea che significa sostanzialmente il contrario del titolo italiano.

Il libro parla delle coincidenze più strane, degli eventi più straordinariamente improbabili e incredibili, delle ragioni per cui accadono e continuano accadere, a dispetto del fatto che - in quanto tali - non dovrebbero accadere.

Il «principio di improbabilità» consiste di cinque leggi: inevitabilità, numeri veramente grandi, selezione, leva di probabilità e prossimità sufficiente. Esse attengono a livelli diversi. Alcune fanno riferimento ad aspetti fondamentali del modo in cui è strutturato l’universo. Altre si fondano su proprietà intrinseche di ciò che intendiamo per probabilità. Altre ancora riguardano la psicologia umana. Nelle circostanze giuste, una qualsiasi di queste leggi è sufficiente a dare prova del principio di improbabilità, ma è quando tutte operano all’unisono che la sua forza diventa notevole. E l’improbabile, per quanto inconcepibile, accade.

Di alcune di queste si è già parlato nell'articolo “La psicologia delle coincidenze”. Vediamole a grandi linee. Ve le riporto tradotte direttamente dal sito dedicato al libro.

lunedì 1 febbraio 2016

Psicologia delle coincidenze

Tradotto ed adattato da: The Psychology of Coincidence
di Keith Hillman (su Psychology24).


Una vecchia leggenda metropolitana racconta che un uomo stava andando al lavoro e si era dimenticato a casa la cravatta. La moglie trova la cravatta e prova ad avvertirlo al telefono dell'ufficio. Però sbaglia il numero e compone quello di un telefono pubblico appena fuori dall'ufficio. L'uomo senza cravatta, che passava lì davanti proprio in quel momento, sente squillare il telefono, incuriosito risponde e ... riceve il messaggio.

Coincidenze come questa possono spesso farci chiedere se non ci siano davvero forze più grandi in gioco. O perlomeno riescono a creare dei curiosi aneddoti da raccontare al bar. In effetti non c'è nulla di speciale nemmeno nelle più improbabili delle coincidenze ... a parte il far luce sulla nostra psicologia e sulla predisposizione del cervello umano ad essere ingannato.

In questo articolo cercheremo di capire perché le coincidenze non sono poi tanto strane e perché, nonostante questo, affascinino comunque i nostri cervelli...

martedì 11 giugno 2013

I 12 "bias cognitivi" che ci impediscono di essere razionali

Ribloggato da "Lo spirito del tempo".


Premessa: Il bias è una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio. La mappa mentale d'una persona presenta bias laddove è condizionata da concetti precedenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.

Il bias, contribuendo alla formazione del giudizio, può quindi influenzare un'ideologia, un'opinione, e un comportamento.

È probabilmente generato in prevalenza dalle componenti più ancestrali e istintive del cervello.

Continua a leggere su Lo spirito del tempo...

martedì 15 novembre 2011

Rapimenti alieni e disturbi del sonno

Rapimenti alieni o paralisi del sonno?
L'anno scorso avevo tradotto un articolo di Psychology Today (Rapimenti alieni: realtà?) dove venivano presentate alcune ricerche che mostrano come i cosiddetti rapimenti alieni possano in realtà essere collegati ad alcuni disturbi psicologici noti, come la paralisi del sonno (o paralisi ipnagogica).

Brian Sharpless, psicologo dell'Università della Pennsylvania, ha confermato quelle conclusioni, rivedendo i dati di 35 ricerche sul tema della paralisi del sonno condotte negli ultimi 50 anni e che hanno coinvolto più di 36000 soggetti.

La paralisi ipnagogica è un fenomeno abbastanza studiato. Al risveglio dal sonno REM può succedere che il cervello e il corpo subiscano, per così dire, una momentanea dissociazione.

Il corpo rimane paralizzato, come avviene normalmente durante il ciclo di sonno REM, ma la mente è semi-lucida o anche del tutto cosciente dell’ambiente circostante, anche se gli occhi possono essere chiusi. L’esperienza non può essere tecnicamente classificata né come veglia né come sonno.

Per alcune sfortunate persone questa paralisi è accompagnata da orribili allucinazioni visive e uditive: luci brillanti, senso di soffocamento e la convinzione che sia presente un intruso...

mercoledì 2 novembre 2011

Alle radici della fuffa...

Effetto Dunning-Kruger?
Vi è mai capitato di provare un forte senso di imbarazzo per le esibizioni di certi personaggi in programmi televisivi tipo "Italia's got talent" o "La Corrida", o magari in reality tipo il "Grande Fratello"? È mai possibile che non si rendano conto di quanto sembrino stupidi e ridicoli?

A volte si tratta di numeri progettati ad "arte" (virgolettato d'obbligo) per destare questo tipo di raccapriccio negli spettatori che proprio per queste sensazioni continuano a seguire lo spettacolo. Altre volte davvero il concorrente di turno non si rende conto di quanto è ridicolo quel che fa, ed è anzi convinto di aver fatto un'ottima esibizione. Molto probabilmente questa persona è vittima di un bias (pregiudizio) cognitivo che prende il nome di "effetto Dunning-Kruger"...

giovedì 21 luglio 2011

Vedere è credere?

Tradotto, adattato ed integrato dall'articolo "Seeing is Believing", di Stephen Benedict-Mason, psicologo (dal suo blog "Look At It This Way" su Psychology Today)

Dischi volanti
Da quando, nel 1947, fu usato per la prima volta il termine “dischi volanti”, ci sono stati letteralmente migliaia di rapporti su avvistamenti e incontri.

Il problema è che, in oltre 60 anni di presunti casi, non si è ancora trovata un sola prova convincente.

Quando gli scienziati osservano questo schema – tanti racconti ma nessuna prova valida – lo classificano come resoconto aneddotico.

Perché mostrarsi scettici su racconti spesso in buona fede?

lunedì 18 luglio 2011

Complottisti nati

Quante volte vi sarà capitato di discutere con una persona talmente ostinata nelle proprie convinzioni da essere refrattaria persino alla prova più lampante che si sbaglia? O magari di essere stati voi quella persona?

Chi non ha fatto della dietrologia almeno una volta nella vita? Da noi in Italia è diventato pure proverbiale: a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca (e a coniarlo è stato proprio uno dei personaggi più discussi della storia politica del nostro paese).

Le trame losche e complesse sono poi molto più affascinanti, gratificanti e a volte persino credibili di quelle semplici e lineari. Lo sa bene chi legge i gialli o ama un certo genere di film.

L'articolo che ho trovato su uno dei blog di Psychology Today analizza questi e altri meccanismi più o meno inconsci per spiegare come sia facile cadere nel complottismo. Secondo l'autore, Douglas T. Kenrick, siamo infatti tutti complottisti nati... 

lunedì 20 settembre 2010

L’ateismo sostituirà le religioni?

AteismoHo tradotto un nuovo articolo di Nigel Barber sul tema dell'ateismo contrapposto alla religione. Come il precedente (Perché gli atei hanno un quoziente intellettivo superiore?) è decisamente provocatorio ma interessante e lo lascio giudicare a chi vorrà leggerlo. L'originale è qui.

Perchè l'ateismo soppianterà la religione

Gli atei sono fortemente concentrati nei paesi economicamente più sviluppati, in particolare nelle socialdemocrazie europee. Nei paesi sottosviluppati non ci sono virtualmente atei. L'ateismo è dunque un fenomeno particolarmente moderno. Perché le condizioni di modernità favoriscono l'ateismo?

venerdì 17 settembre 2010

Perché gli atei hanno un quoziente intellettivo superiore?

Ricordati che devi morire!
«Ricordati che devi morire!»
«Sì sì... mo' me lo segno proprio»
Ogni tanto sui forum, nei commenti dei blog o nei gruppi di discussione salta fuori il provocatore di turno che ripropone - in chiave razzista - studi sul quoziente intellettivo che dimostrerebbero che i neri sarebbero meno intelligenti dei bianchi.

Tutte le volte qualcuno reagisce violentemente e magari preso dalla foga di smentire affemazioni palesemente razziste e disgustose, attacca gli studi cui si fa riferimento invece che le conclusioni errate dei razzisti.

La stessa situazione è destinata a riproporsi dopo che alcuni studi hanno trovato che, in media, il quoziente intellettivo degli atei è più alto di quello delle persone religiose.

Ho trovato un interessante articolo di Nigel Barber su Psychology Today che cerca di spiegare pacatamente le ragioni ambientali, sociali, ed economiche di questo fatto di per sé molto provocatorio...

martedì 13 luglio 2010

Rapimenti alieni: realtà? (parte 1ª)

Esistono davvero i rapimenti alieni?Uno dei temi più controversi quando si parla di ufologia sono i cosiddetti rapimenti alieni (alien abductions in inglese).

Ci sono diverse persone che affermano di essere state rapite, in genere durante il sonno, da esseri alieni. I ricordi di questi rapimenti sono frammentari e spesso confusi ma, se lo scenario può variare, alcuni elementi sono comuni alla maggior parte delle testimonianze: più o meno tutti i "rapiti" (abductee) hanno immagini di se stessi legati a un tavolo dove vengono esaminati da alieni (in genere verdi o grigi e con enormi occhi a mandorla). Di rapimenti alieni si comincia a parlare negli anni '50 del secolo scorso (pochi anni dopo che, nel 1947, si cominciò a parlare di UFO come di astronavi aliene venute dagli spazi siderali per studiare noi e il nostro pianeta) anche se in letteratura esiste qualche traccia di racconti simili, dove gli alieni sono sostituiti da esseri con fattezze compatibili col linguaggio e la cultura popolare dell'epoca. Tra i miti e le leggende di molti popoli sono descritte entità che ogni tanto disturbano il sonno dei malcapitati gravando sul loro petto.

Dunque la tesi è che «degli alieni sono venuti da distanze siderali per rapirmi durante il sonno, stendermi su un tavolo operatorio, studiarmi, umiliarmi e poi rimettermi nel mio letto. E lo hanno fatto più volte, senza lasciare nessuna prova fisica e senza che nessun altro se ne accorga»... Una questione posta in questi termini non può che polarizzare le opinioni: è difficile accettare razionalmente un'ipotesi tanto estrema da destare facili ilarità; d'altra parte i siti e i forum ufologici, i tanti ragazzini pieni di fantasia che li frequentano e gli onnipresenti venditori di fuffa non fanno molto per affrontare la cosa da un punto di vista razionalmente accettabile.

Il fatto è che un terreno su cui confrontarsi esiste. Secondo tutti gli psicologi che hanno affrontato la questione, quale che sia la loro idea sulla realtà delle esperienze raccontate, chi sostiene di essere stato rapito (d'ora in poi i "rapiti") è spesso sincero. I suoi ricordi gli dicono che ha subito un'esperienza traumatica e spesso umiliante; e gli suggeriscono immagini di esseri che volano o si spostano intorno ad un letto dove egli si trova immobilizzato.

Una persona che, se non altro, ha avuto il merito di aver portato la questione sotto gli occhi della scienza è stato John Mack, professore presso la prestigiosa Harvard Medical School, insignito del premio Pulitzer (per una biografia psicologica su Lawrence d'Arabia) ma soprattutto discusso, contestatato, amato autore di libri che sono diventati ben presto dei best seller tra i cultori del fenomeno UFO e paladino dei diritti e della dignità dei "rapiti" dagli alieni.

John Mack è morto nel 2004. L'articolo di Kaja Perina che ho tradotto e integrato qui di seguito (qui l'originale) è stato pubblicato nel marzo del 2003 su Psychology Today. Prende spunto da un'intervista al professor Mack e a suoi due colleghi per fare il punto - ammesso che sia possibile - su una questione così controversa...

lunedì 12 luglio 2010

Rapimenti alieni: realtà? (parte 2ª)

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Sognare ad occhi apertiGli psicologi hanno a lungo congetturato che i "rapiti" potessero essere inclini a fantasie e all'essere "assorti", la propensione a sognare ad occhi aperti o a rimanere incantati dai romanzi. Sia i "rapiti" dagli alieni che una gran numero di quelli che si ritrovano a fantasticare denunciano false gravidanze, esperienze extracorporee e apparizioni. Alcuni psicologi speculano sul fatto che persone come Will Bueche e Peter Faust siano semplicemente individui naturalmente predisposti agli incontri con un recettività accentuata rispetto esperienze anomale. Quale che sia il caso, Bueche e Faust hanno trovato un ascoltatore ben disposto in John Mack...

Rapimenti alieni: realtà? (parte 3ª)

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La paralisi nel sonno ha tanti nomi nelle varie culture popolariLa paralisi nel sonno, detta anche paralisi ipnogogica, è un fenomeno comune: il 6% delle persone ne ha avuto almeno un episodio. Il cervello e il corpo si desincronizzano momentaneamente al risveglio dal sonno REM. Il corpo rimane paralizzato, come avviene normalmente durante il ciclo REM, ma la mente è semi-lucida o anche completamente conscia dell'ambiente circostante, anche - secondo uno studio giapponese - se gli occhi sono chiusi. L'esperienza non può essere tecnicamente classificata né come veglia né come sonno. Per alcune sfortunate persone questa leggera paralisi è accompagnata da orribili allucinazioni visive e uditive: luci brillanti, senso di soffocamento e la convinzione che sia presente un intruso.

I giapponesi lo chiamano kanashibari e lo rappresentano come un demone che cammina sul petto di uno sventurato; i cinesi lo chiamano gui ya, o pressione dello spirito. In Romagna prende nome di Mazapégul (uno spiritello dispettoso della tradizione popolare).

Rapimenti alieni: realtà? (parte 4ª)

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L'orologio della Stazione di Bologna fermo alle 10.25 è un esempio di falsa memoria collettivaAlle 10.25 di mattina del 2 agosto 1980 una bomba piazzata da terroristi neofascisti esplose nella Stazione Centrale di Bologna uccidendo 85 persone e ferendone più di 200. L'orologio posto sul piazzale della stazione si fermò a quell'ora. Tutti ricordano distintamente che è stato lasciato fermo da allora per ricordare la strage e da allora chi passa da Bologna lo vede così. Non è vero. Si tratta in realtà di un falso ricordo di massa. L'orologio fu riparato e continuò a funzionare fino al 1996, quando si ruppe nuovamente. Fu solo allora che si decise di puntarlo nuovamente alle 10.25 e lasciarlo fermo così per commemorare le vittime della strage ("Fermate l'orologio di Bologna").

I falsi ricordi sono un problema di monitoraggio della fonte (source-monitoring), l'incapacità di ricordare dove e quando un'informazione sia stata acquisita: per esempio, pensiamo che un amico ci abbia raccontato una notizia mentre in effetti l'abbiamo sentita alla radio (o viceversa). «La memoria umana non è come un videoregistratore», dice Clancy. «È soggetta a distorsione e degrada col tempo. Ciò non significa che i "rapiti" siano psichiatricamente menomati. Non penso che debbano essere considerati strambi. Caso mai sono solo più soggetti a creare false memorie».

I soggetti il cui profilo di personalità indicava un alto livello di assorzione o di inclinazione alle fantasie erano i più soggetti ad avere scarsi risultati nel test del ricordo delle parole. Inoltre, dice McNally, tutti i "rapiti" nel gruppo delle memorie recuperate descrivevano quella che sembrava essere paralisi del sonno.

La Clancy e McNally hanno abbozzato le loro scoperte al Journal of Abnormal Psychology, riducendo il fenomeno dei "rapimenti" a una specie di equazione. La predisposizione a creare false memorie, combinata con disturbi come la paralisi nel sonno e un contesto culturale che considera possibili i rapimenti da parte degli alieni possono portare qualcuno a ricordare falsamente incontri di questo tipo. «Non si deve necessariamente credere a queste esperienze per creare false memorie», dice la Clancy. «Hai appena visto 'X-Files' e hai pensato 'che stronzata'; ma poi ti capita un episodio di paralisi nel sonno che ti fa andar fuori di testa e magari quelle immagini sono ancora lì nella tua mente».

domenica 30 maggio 2010

Il pensiero magico - parte 1ª

Non è vero... ma ci credo

Un terribile gatto nero Superstizione, scaramanzia e magia sono un fenomeno sociale molto diffuso e spiegabile solo in parte con l'ignoranza o la paura.

Si tratta in effetti di una vera e propria predisposizione degli esseri umani al pensiero magico, un meccanismo mentale tipico dell'infanzia che, in forma ridotta, continua ad accompagnare l'individuo anche nell'età adulta.

Il pensiero magico è, secondo un paio di definizioni di Wikipedia, "un tipo di elaborazione cognitiva in cui manca una relazione causale tra soggetto e oggetto" ovvero una forma di "ragionamento causale che cerca correlazioni tra atti od espressioni e certi eventi".

Calvin e HobbesI bambini parlano coi loro pupazzi, li fanno vivere, attribuiscono a un giocattolo o a un oggetto il potere di proteggerli, per esempio, dal buio o comunque dalle situazioni di stress che non riescono a controllare in altro modo. Si pensi alla ormai proverbiale coperta di Linus o a Calvin e alla sua tigre di pezza Hobbes che egli fa diventare reale con la sua fantasia. Per il bambino il pensiero magico è importante tanto per questa funzione protettiva quanto per quella cognitiva: riempie i vuoti delle altre forme di pensiero e fornisce "spiegazioni" di situazioni che un bimbo non sa ancora affrontare con la logica e con l'esperienza.

Ma il pensiero magico è un meccanismo presente anche negli adulti. Se fumate vi sarà sicuramente capitato di accendere la sigaretta e un istante dopo vedere arrivare l'autobus o il treno che stavate aspettando (e doverla così spegnere); o di lavare la macchina per vederla sporcata dalla pioggia poco dopo. A livello razionale sappiamo che tra sigaretta e autobus e tra lavaggio e pioggia non ci possono essere relazioni causali, ma anche i più razionali in casi come questi si ritrovano ad imprecare contro il destino cinico e baro...

Il pensiero magico - parte 2ª

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Tessuto entrato in contatto con Papa Giovanni XXIII (reliquia da contatto)In molti casi il valore dell'oggetto proviene da chi l'ha posseduto o usato o toccato: un esempio di contagio magico.

Da uno studio risulta che l'80% degli studenti delle superiori sostiene che ci sia almeno un 10% di possibilità che mettere un pullover di Mr. Rogers, anche senza saperlo, doterebbe chi la indossa di parte della sua "essenza": migliorerebbe il proprio atteggiamento e renderebbe più amichevoli. Del resto migliaia di anni di reliquie sacre (quella nella foto qui a fianco è un pezzetto di stoffa entrata in contatto con papa Giovanni XXIII) dimostrano quanto questa convinzione sia diffusa in tutte le culture e in tutte le epoche.

Gloria Steinem una volta raccontò un aneddoto di prima che fosse famosa: un'altra ragazza che l'aveva vista toccare alcuni dei Beatles le chiese per questo un autografo.

Paul Rozin dell'Università della Pennsylvania e la Nemeroff ipotizzano che il contagio magico possa essere un'evoluzione della nostra paura dei germi che come le essenze sono invisibili, facilmente trasmissibili, e hanno conseguenze di vasta portata.

Ben prima che noi umani avessimo qualunque idea di cosa fossero i germi mettevamo in quarantena gli ammalati ed evitavamo di toccare i cadaveri. L'intuizione profonda che qualità morali o psicologiche possano passare tra le persone, o che un oggetto porti con se la propria storia, potrebbe essere solo l'estensione della tendenza adattiva a prestare attenzione alle fonti di infezione. Ma questo non significa che siamo bravi a valutare le fonti di contagio.

Il pensiero magico - parte 3ª

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5. Dare nomi alle cose è dominarle

VelenoCosì come i pensieri e gli oggetti, anche i nomi hanno potere. La capacità del linguaggio di scovare associazioni agisce su di noi come un incantesimo. Piaget diceva che i bambini spesso confondono gli oggetti coi loro nomi, un fenomeno che ha etichettato come "realismo nominale". Rozin e colleghi hanno dimostrato il realismo nominale negli adulti.

Dopo aver visto versare dello zucchero in due bicchieri d'acqua ed aver personalmente messo le etichette "zuccherato" in uno e "velenoso" nell'altro, la maggior parte delle persone preferiscono bere dal bicchiere con su scritto "zuccherato" e sono comunque intimoriti da uno sempre da loro etichettato "non velenoso" (il subconscio non elabora i negativi). Rozin ha anche visto che le persone sono riluttanti a stracciare un bigliettino su cui sia scritto il nome della persona amata. Simboli arbitrari portano con loro l'essenza di ciò che rappresentano. Sulla stessa falsariga «l'adozione del nome Adolf diminuì fortemente negli anni 1940», fa notare Rozin. 

6. Il Karma è bastardo

In terza media un ragazzino chiamato Kevin aveva l'hobby di darmi sui nervi, di prendermi in giro per tutto, dal taglio dei capelli ai laccetti delle scarpe. Avrei voluto tanto dargli un bel calcione dove meritava ma ... non ho dovuto farlo. Un bel giorno ebbe un piccolo incidente col manubrio di una bicicletta. Con la sua virilità menomata, non potei far altro che sentire che c'era un senso di giustizia nell'universo. Se l'era meritato.
Il Karma
Credere che il mondo sia giusto mette la nostra mente a proprio agio e anche quando ci sono cose fuori dal nostro controllo, esse capitano per una ragione.

Il pensiero magico - parte 4ª

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Serve il pensiero magico per divertirsi?Non dovreste desiderare nemmeno di stare all'estremità scettica dello spettro. «Essere totalmente non-magici è davvero poco salutare», dice Peter Brugger, primario di neuropsicologia alla Clinica Universitaria di Zurigo». Ha dei dati che collegano fortemente la mancanza di ideazione magica con l'anedonia, l'incapacità di provare piacere. «Gli studenti non-magici tipicamente non si divertono andando alle feste e così via».

Ha anche trovato una sostanza chimica chiave coinvolta nel pensiero magico. La dopamina, un neurotrasmettitore usato dal cervello per marcare le esperienze come significative, scorre a fiumi nel cervello degli schizofrenici che vedono significati ovunque, ma sgocciola appena in quello di molti depressi che lottano per trovar valore nella vita di ogni giorno. In un esperimento quelli che credono nel paranormale (che hanno alti livelli di dopamina) erano più proni dei non credenti a vedere volti inesistenti in immagini confuse; ma lo erano anche meno a non notarle quando c'erano veramente. Tutti vedevano più volti quando gli veniva somministrato un farmaco per alzare il livello di dopamina.
Hobbes è in agguato
Brugger sostiene che la capacità di vedere degli schemi e fare associazioni mentali anche sconnesse accresce la creatività ed ha anche una funzione pratica: «se sei in una prateria è sempre meglio supporre che possa esserci una tigre in agguato».