domenica 6 febbraio 2011

Il sangue del T-Rex

Fig. 1 - "Big Mike" è
uno scheletro di T-Rex
ottimamente conservato
Sul numero di "Le Scienze" di questo mese c'è un articolo di una paleontologa, Mary H. Schweitzer, sul ritrovamento di materiale organico nei fossili di dinosauro.

Uno specchietto nell'articolo spiega che si è sempre ritenuto che nei processi di fossilizzazione, con il passare del tempo, tutti i composti organici scomparissero, lasciando al loro posto solo resti minerali inerti; tanto che - da quando esiste la paleontologia - gli scienziati hanno ragionato solo sulle dimensioni e la forma delle ossa fossili.

La Schweitzer però ha trovato qualcosa di strano in un fossile molto ben conservato di Tyrannosaurus rex. Dove avrebbe dovuto esserci un vaso sanguigno vide delle sferette color rubino (vedi fig. 2 più sotto), all'apparenza molto simili ai globuli rossi nucleati del sangue dei vertebrati non mammiferi. Possibile che fossero davvero residui di materiale organico, e magari addirittura di sangue?

Come deve comportarsi uno scienziato quando pensa di aver scoperto qualcosa che stravolge idee date per acquisite da secoli?

Non è, in effetti, di paleontologia che voglio parlare ma di metodo scientifico, per cui cito direttamente un paio di passaggi dell'articolo:
Dopo che ebbi chiesto l'opinione sulla natura di quelle sferette rosse a vari colleghi, la questione arrivò alle orecchie di Jack Horner, curatore del museo e tra ì massimi esperti al mondo di dinosauri, che volle vedere con i suoi occhi. La fronte aggrottata, rimase a fissarle attraverso gli oculari del microscopio per quelle che mi parvero ore senza dire una parola. Poi, alzò su di me uno sguardo accigliato e mi chiese: «E lei cosa pensa che siano?». Replicai che non ne avevo idea, ma le dimensioni, la forma e il colore erano proprio quelle giuste perché fossero cellule ematiche, e per di più erano anche nel posto giusto. Lui fece un grugnito: «E allora mi dimostri che non lo sono». Era una sfida irresistibile, che mi ha aiutato, e mi aiuta tuttora, a trovare il modo giusto di formulare le domande nel mio lavoro di ricerca.

[...]

Per dimostrare affermazioni straordinarie servono prove straordinarie. Gli scienziati scrupolosi fanno ogni sforzo per dimostrare che le loro ipotesi preferite sono sbagliate, prima di accettare che, dopo tutto, erano corrette.

Così ho trascorso gli ultimi vent'anni a cercare di dimostrare, con tutti gli esperimenti che sono riuscita a farmi venire in mente, la falsità dell'ipotesi che il materiale scoperto dai miei collaboratori e da me sia davvero qualche componente dei tessuti molli di dinosauri e di altri animali da tempo scomparsi.
Non vi racconto come si sono sviluppate le ricerche della Schweitzer ma la sua, secondo me, è un'ottima sintesi di come deve funzionare la scienza.

Fig. 2 - Sangue di dinosauro?
Chi fa buona scienza osserva un fenomeno e dopo aver formalizzato un'ipotesi che lo spieghi... cerca di demolirla in ogni modo. Lo fa perché solo se la sua intuizione sopravvive ai test più duri e rigorosi dimostra solidità e ha qualche speranza di diventare una teoria.

I crackpot, i sostenitori delle congetture pseudoscientifiche e chi fa cattiva scienza rifiutano sistematicamente anche solo di prendere in considerazione le spiegazioni diverse o le evidenze contrarie e in generale non accettano di mettere alla prova quello che affermano.

Non è un caso che il contributo delle pseudoscienze al progresso dell'umanità sia vicino a zero.



Approfondimenti:

2 commenti:

  1. "vicino a zero."

    Troppo gentile.
    Imho è spesso un contributo negativo

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  2. :-)

    Sul mirror un altro blogger (guardati il suo blog perché è davvero bello) ha detto la stessa cosa, quasi alla lettera. Avete ragione.

    P.S. Metto i vostri blog nella lista a lato!

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